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I VOLTI DELLA DEPRESSIONE

In clinica per “depressione” si intende la sofferenza mentale ed emotiva che viene diagnosticata da uno specialista della salute (psicologo, psicoterapeuta, medico psichiatra) che contempla specifici sintomi. La maggior parte delle persone usa la parola “depressione” per descrivere varie esperienze, quali il dolore, la delusione, momenti di infelicità, la reazione ad un evento spiacevole, ecc.
E’ possibile delineane meglio le caratteristiche considerando tre origini principali:
1. LA RABBIA CONTRO IL SE’

A cominciare da Freud, gli psicoterapeuti hanno frequentemente notato il collegamento tra rabbia e depressione descrivendo questo specifico stato emotivo come “la rabbia rivolta all’interno”.
La rabbia implosiva e violenta spesso è al centro di alcune forme gravi di depressione. Le persone per una serie di motivazioni individuali (ad esempio senso di colpa, vergogna, condizionamenti, senso di impotenza, timore di esprimersi) implodono per paura di esplodere. E’ un rapporto con la propria aggressività che necessita di essere compresa. Molti clienti gravemente depressi presentano una devastazione interna, come se al loro interno fosse esplosa una violenta deflagrazione che avesse devastando le loro menti e i loro animi lasciandoli aridi e desolati, come rifiuti di se stessi. Queste persone si sentono delle nullità, tramortiti, intontiti, appesantiti anche fisicamente da una pressione che appiattisce ogni emozione. Nel lavoro terapeutico con questi pazienti si percepisce come il senso della vita sia andato completamente distrutto e abbia lasciato il posto al vuoto emozionale. Queste persone non provano più alcun interesse o motivazione nel fare alcunché.

Ricreare gli eventi emozionali che hanno portato a questo stato di devastazione richiede molto tempo e pazienza. Il compito è reso complicato dal fatto che la rabbia è quasi sempre inconsapevole, il cliente non si sente arrabbiato e non pensa che la rabbia stia imperversando dentro di lui. Potrebbe percepirsi un accenno di questa rabbia nei contenuti riportati dal paziente quando inizia a parlare, a raccontarsi, o più spesso la si può avvertire implicitamente o intuire attraverso i suoi sogni. Spesso il paesaggio post-bellico appare nei sogni delle persone depresse in immagini di ghetti squallidi, vasti deserti senza vita, terreno bruciato o scenari desolati di ogni tipologia.

Quando si dispone di un forte legame empatico con il cliente, il terapeuta può avvertire un senso di rabbia crescente in se stesso, soprattutto durante i momenti di silenzio, nonostante questo possa sembrare apparentemente inspiegabile. Avviene un’induzione di ruolo in cui il terapeuta percepisce e vive ciò che il paziente non si concede di vivere. Il terapeuta si propone di favorire nel paziente la consapevolezza di questa rabbia in un ambiente protetto come quello terapeutico.
E’ importante la comprensione delle emozioni quanto delle sensazioni somatiche. Le emozioni, così come le parole, si trasmettono attraverso onde vibrazionali in tutto il regno animale. E’ naturale che il terapeuta percepisca questa rabbia.
Questa rabbia spesso è una difesa contro i timori di disintegrazione o può essere una specie di onnipotente reazione distruttiva al sentirsi insopportabilmente bisognosi, piccoli o frustrati. In ogni caso si tratta di un segno di progresso quando questi clienti possono sperimentare ed esprimere la rabbia nelle loro sessioni senza distruggere il loro processo di trattamento.
2. IL SE’ FRAMMENTATO

Qualunque sia l’orientamento teorico dello Psicologo, la maggior parte di noi concorda sul fatto che quando la relazione madre-bambino va male, per i motivi più diversi, questa incide sul senso di Sé del bambino. Più sono insicure quelle prime esperienze (cioè meno disponibile o inconsistente la madre o la principale figura di accudimento) più instabile è il senso di Sé del bambino e del futuro adulto. Nei casi più gravi la persona può sentirsi costantemente in pericolo o di cadere a pezzi sotto la pressione di un’intensa emozione. L’ansia può così essere un segno del nucleo traballante del Sé, in cui la persona si sente spaventata dalla disgregazione; mentre la depressione può essere un altro segnale con il quale la persona può sentirsi come se fosse già andata in pezzi. Tale disintegrazione può essere vissuta come una sorta di morte psichica personale. I sentimenti depressivi che risultano sono simili a quelli del lutto, un lutto per se stessi, pieni di dolore, disperazione e senza speranza perché nulla può più essere fatto per salvare il Sé frammentato.

Questo tipo di persona necessita una psicologo prudente e un forte legame empatico durante il percorso di sostegno. Si può definire questo percorso come una “esperienza emozionale correttiva” (rif. Franz Alexander e Thomas M. French), un rivivere la genitorialità. Date le insicurezze del loro precoce attaccamento tali clienti hanno inizialmente bisogno di regredire e diventare emotivamente dipendenti dal terapeuta in misura significativa. Nel contesto del rapporto terapeutico imparano a capire e tollerare sentimenti inconfessati, aiutati dall’ambiente emotivo sicuro che la psicoterapia fornisce.
3. IL SE’ RIFIUTATO

In ambienti particolarmente “tossici”, in cui i genitori possono essere offensivi o propensi a trasmettere il proprio sentimento di inadeguatezza o di confusione o di utilizzo strumentale sui figli, alcuni bambini possono crescere con intensi sentimenti di vergogna. Invece di sperimentare se stessi come se fossero a pezzi (vedi il punto 2 “il Sé frammentato”), queste persone arrivano a sentirsi indegne, danneggiate, brutte, disgustose, ripugnanti, spregevoli. C’è stato un momento nella loro storia personale in cui hanno percepito il loro autentico Sé come profondamente danneggiato e in uno stato di tale decadimento da essere ormai irrecuperabile. In questi casi tentano di difendersi strenuamente dietro a sentimenti di depressione e indegnità; spesso ospitano un falso Sé organizzato intorno alle difese caratterizzate dalla vergogna rivoltando la loro “depressione” verso gli altri. Possono perciò apparire come persone arroganti e superbe o provare disprezzo nei confronti di chi percepiscono bisognoso o vulnerabile. In realtà, nel loro profondo, provano un enorme disprezzo per il proprio autentico Sé danneggiato e non vogliono avere nulla a che fare con se stessi.

Il lavoro con questi clienti – quando mai raggiungono la consapevolezza di cercare uno psicoterapeuta per incominciare la terapia – è quello di aiutarli a diventare depressi. In altre parole, è un segno di progresso quando queste persone possono provare sentimenti depressivi. Quando provano il dispiacere per quello che è stato nel passato, allora trovano il risveglio. Di solito non avvertono questa depressione come un progresso e di conseguenza interrompono prematuramente il loro percorso terapeutico.

Una variante particolarmente difficoltosa sono le persone devote alla superficialità, che diventano arditi sostenitori della psicoterapia. Questi individui cercano di scongiurare la depressione e la consapevolezza del danneggiamento con un falso Sé pseudo-terapeutico che utilizza il linguaggio di introspezione e comprensione emotiva con scioltezza, ma non si avvicinano mai all’autentica causa della vergogna. La sfida con tali soggetti è nel portarli a contatto con il loro Sé attuale in modo tale che essi non lo sperimentino come una ferita narcisistica insopportabile.
TROVARE LA PROPRIA STRADA

Tristezza, disperazione e sentimenti di bassa autostima sono alcuni dei sintomi tipici della “depressione”. Se vi rivedete in quello che avete appena letto prendete in seria considerazione la possibilità di consultare uno psicologo.
Le auto diagnosi non sono mai le risposta. Un professionista serio sarà in grado di stabilire la proposta di percorso più adatto solo dopo avervi ascoltato.

TRATTO DA: I volti della depressione; dott.ssa Marcella Caria 2015.

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