Attualmente la demenza costituisce indubbiamente una sfida importante per la salute
pubblica. Recenti studi hanno dimostrato che l’incidenza della malattia di Alzheimer (AD) sia destinata a raddoppiare ogni 20 anni generando, da un lato, un maggior grado di disabilità e comorbidità e, dall’altro, un crescente bisogno di risorse economiche, sociali e sanitarie.
Anche nei malati di Parkinson (PD) la demenza è una complicanza frequente, che può arrivare ad interessare fino al 30% degli stessi. Tali demenze neurodegenerative, una volta evidenziate clinicamente, vengono affrontate attraverso i farmaci, i quali trattano quasi esclusivamente il piano sintomatico senza riuscire ad intaccare, se non in misura del tutto marginale, la progressione della malattia. Tutto ciò sottolinea quanto sia fondamentale la prevenzione in questo ambito, il riconoscimento precoce e il trattamento di condizioni pre-morbose, come il decadimento cognitivo lieve (Mild Cognitive Impairment – MCI).
Relativamente a quest’ultimo aspetto, esiste un consenso generale sul fatto che esso rappresenti, per l’ AD, una condizione con un tasso di conversione elevato, mentre per il PD pare sia associabile ad un aumentato rischio di demenza.
Un adeguato training cognitivo potrebbe essere efficace nel prevenire l’evoluzione da MCI verso la demenza conclamata. Ma come si manifesta il declino cognitivo, che può evolvere, se non adeguatamente trattato, nella varie forme di demenza?
Generalmente, a cominciare dalla mezza età le funzioni mentali più elevate, quali la memoria, la capacità di apprendimento, il linguaggio, la concentrazione (collettivamente definite funzioni cognitive) iniziano a declinare in modo concreto e misurabile.
I dati demografici delle ricerche più recenti confermano che a livello mondiale si assiste ad un progressivo incremento della popolazione anziana, e quindi del numero di persone che possono manifestare: disturbi mnemonico-cognitivi attribuibili al fisiologico indebolimento delle funzioni cerebrali determinato dall’invecchiamento, declino cognitivo lieve (MCI), e nei casi più gravi la demenza, declinata nelle sue varie forme.
Nel declino cognitivo lieve, la diagnosi precoce è un aspetto molto importante, poiché consentirebbe l’immediata istituzione di terapie atte a ritardare la progressione della malattia.
I principali sintomi potenzialmente associati a un declino cognitivo lieve sono:
- Iniziali difficoltà nel ricordare fatti avvenuti da pochi giorni, settimane o mesi o nel trattenere nuove informazioni.
- Difficoltà di concentrazione, facile distraibilità durante la lettura, la visione di un film, la conversazione ecc.
- Difficoltà nel prendere decisioni che prima non creavano problemi, nel pianificare attività mediamente complesse, nel comprendere/seguire istruzioni (es. il funzionamento di un elettrodomestico, una procedura al pc, utilizzare le funzioni meno conosciute dei cellulare ecc.).
- Occasionali momenti di spaesamento mentre si è fuori casa.
- Maggior tendenza ad avere reazioni impulsive.
- Depressione o perdita di interesse nelle attività abituali.
- Ansia e/o irritabilità.
Oltre all’età superiore ai 50 anni, i principali fattori di rischio per lo sviluppo del declino cognitivo lieve sono:
- Predisposizione genetica
- Diabete
- Fumo
- Depressione
- Ipertensione
- Alti livelli di colesterolo nel sangue
- Sedentarietà
- Mancanza di stimoli intellettivi/sociali
Per contrastare il declino cognitivo lieve, possibile precursore di patologie ben più gravi, a livello neuro-degenerativo, occorre agire sul fronte dei fattori di rischio, riducendone l’impatto negativo attraverso buone regole di vita, quali: alimentazione equilibrata, (ricca di frutta e verdura, pesce, cereali integrali, oli vegetali e frutta secca) attività fisica regolare, pochi alcolici, niente fumo ed un adeguato training cognitivo.
Infatti, anche se il fenomeno dell’invecchiamento cerebrale è naturale e fisiologico, è confermato che tenere allenata la mente riduce l’invecchiamento e potenzia la memoria, “prendere parte ad attività di stimolazione cognitiva durante tutta la vita di una persona, dall’infanzia alla vecchiaia, è importante per la salute del cervello in età avanzata”, ha dichiarato l’autore dello studio Robert S. Wilson, del Rush University Medical Center di Chicago.
Una recente ricerca suggerisce che è possibile rallentare questo procedimento tenendo in allenamento costante il cervello tramite la lettura di libri, la scrittura e la partecipazione alle attività che stimolano il cervello a qualsiasi età, può preservare il cervello in salute. Lo studio è stato pubblicato il recentemente sulla rivista on line Neurology®, la rivista medica dell’American Academy of Neurology.
Per lo studio, 294 persone sono state sottoposte a test che misuravano la memoria e il pensiero, ogni anno per circa sei anni prima della loro morte a un’età media di 89 anni. Queste persone inoltre, hanno risposto ad un questionario per verificare se hanno letto libri, si sono dedicati alla scrittura o hanno partecipato ad altre attività mentalmente stimolanti nel loro passato.
Dopo la morte, i loro cervelli sono stati esaminati con l’autopsia per la prova dei segni fisici di demenza, quali lesioni, placche cerebrali e grovigli.
La ricerca ha scoperto che le persone che hanno partecipato alle attività mentalmente stimolanti sia durante la vecchiaia che nel corso della vita, avevano un ritmo più lento di declino della memoria rispetto a coloro che non avevano partecipato a tali attività nel corso della loro vita, dopo aggiustamento per diversi livelli di placche e grovigli nel cervello. L’attività mentale rappresenta quasi il 15 per cento della differenza nel declino, al di là di ciò che viene specificato da placche e grovigli nel cervello. Allenare la mente fin da giovani è quindi l’unico segreto per preservarla dai segni del tempo.
La Ginnastica Mentale allena e potenzia la mente, così come l’aerobica attiva i muscoli e favorisce la coordinazione e la flessibilità del corpo. La ginnastica stimola un po’ tutte le funzioni mentali: attenzione, concentrazione, memoria, logica, ragionamento, calcolo, immaginazione, creatività, orientamento spaziale e temporale, prassia ideatoria e ideomotoria, fluenza verbale, costruzioni di frasi, velocità di riflessi ecc.
Per quanto riguarda l’efficacia dei corsi, numerosi studi confermano l’utilità del Training Cognitivo e rilevano che già dopo i primi quattro incontri si ottengono miglioramenti significativi dell’attenzione, concentrazione, memoria, velocità di reazione e fluenza verbale. Si rileva anche una sensibile riduzione della tonalità depressiva, che spesso accompagna le persone che percepiscono il peggioramento delle proprie capacità cognitive, oltre ad un notevole miglioramento anche della qualità della vita sociale dei partecipanti.
(Tratto da ASSOMENSANA 2015 – Dott.ssa Colombi)